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Referendum 8 e 9 Giugno

Giu 7, 2025

“La posizione della Cei sul prossimo referendum è stata espressa nella recente sessione straordinaria del Consiglio permanente con l’invito dei vescovi a un attento discernimento sui temi in oggetto: questioni del lavoro e della cittadinanza”.

L’invito che raccogliamo è quello di, come cristiani praticanti, non essere indifferenti alle questioni sociali ma ritornare ad avere una parte attiva nelle decisioni che riguardano il nostro paese e la vita sociale.

A tal proposito, sperando di fare cosa gradita, riassumiamo qui di seguito i punti oggetto del referendum con una sintesi dei temi a favore o contro l’abrogazione delle norme vigenti.

GUIDA SINTETICA ALLA
COMPRENSIONE DEI QUESITI
REFERENDARI DELL’8 E 9
GIUGNO 2025




Attualmente, secondo il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, i contratti a termine possono essere stipulati liberamente fino a 12 mesi senza necessità di motivazione.

Il quesito referendario mira a eliminare questa possibilità, reintroducendo l’obbligo di specificare le
ragioni tecniche, organizzative o produttive per l’assunzione a termine fin dal primo giorno
di contratto.

PRO: Il vantaggio principale, secondo il comitato promotore, sarebbe quello di limitare il
ricorso ai contratti a termine. L’iniziativa mirerebbe a ridurre il precariato.
CONTRO: l’irrigidimento delle condizioni per l’accensione dei contratti a termine potrebbe
avere un effetto negativo sulle assunzioni, considerando che il primo ingresso strutturato
nelle imprese dei giovani passa ormai quasi sempre per uno o più contratti a termine e che
le imprese possono creare maggiore occupazione se più “libere” di assumere personale a
tempo per esigenze particolari, senza doverle “motivare” rigidamente. È possibile, inoltre,
che aumenti il contenzioso giudiziario a riguardo.


Attualmente, questa norma esclude la responsabilità solidale del committente per i danni
derivanti da rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Il
quesito referendario mira a eliminare questa esclusione, estendendo la responsabilità del
committente anche ai danni causati da tali rischi specifici.
PRO: Il vantaggio sarebbe certamente quello di spingere qualsiasi azienda committente a
una maggiore vigilanza sulle attività e le condizioni dei lavoratori delle imprese appaltatrici
e scoraggerebbe il ricorso a imprese con lavoratori in “nero” o poco professionali.
CONTRO: Onere eccessivo per i committenti: Attribuire responsabilità anche per rischi
specifici delle imprese appaltatrici potrebbe scoraggiare l’esternalizzazione di attività e aumentare i costi per i committenti, oltre a delle Complicazioni contrattuali.


il quesito mira a eliminare alcune parti dell’articolo 9, comma 1, lettere b) e f), con l’obiettivo di ridurre da dieci a cinque anni il periodo di residenza legale richiesto per gli stranieri extracomunitari maggiorenni che desiderano ottenere la cittadinanza italiana.


Ragioni del “Sì”
Riduzione della discriminazione: Uniformare il periodo di residenza richiesto può contribuire a eliminare disparità di trattamento tra diverse categorie di stranieri.
Integrazione sociale: Facilitare l’accesso alla cittadinanza può favorire l’integrazione degli stranieri nella società italiana, diminuendo l’emarginazione e dunque i problemi sociali relativi alla mancata integrazione.
Allineamento con altri paesi europei: Molti stati membri dell’UE richiedono periodi di residenza inferiori a dieci anni per la concessione della cittadinanza.


Ragioni del “No”
Valutazione dell’integrazione: Un periodo di residenza più lungo può essere considerato necessario per valutare l’effettiva integrazione dello straniero nella società italiana.
Controllo più rigoroso: Un periodo di dieci anni consente un controllo più approfondito sulla condotta e sull’adattamento culturale del richiedente.
Preoccupazioni sulla sicurezza: Chi sostiene il no valuta in senso opposto i rischi sicurezza. I si immaginano che maggior e rapida integrazione favoriscano la sicurezza. I no pensano che ridurre il periodo di residenza potrebbe sollevare preoccupazioni riguardo alla sicurezza e alla coesione sociale.


Consiglio Permanente: Comunicato finale

Fonte: https://www.chiesacattolica.it/consiglio-permanente-comunicato-finale/

Referendum, cittadinanza e situazione delle carceri
La riflessione del Cardinale Presidente è stata anche occasione per tornare sulle questioni del lavoro e della cittadinanza, al centro del prossimo Referendum, rispetto alle quali i Vescovi hanno invitato a un attento discernimento. Riguardo al tema della cittadinanza, nello specifico – pur limitandosi alla riduzione del numero di anni per ottenerla (da 10 a 5), mentre sarebbe utile una riforma complessiva della legge – i presuli hanno rinnovato la richiesta di una visione larga che eviti mortificazioni della dignità delle persone. Tutto ciò nel solco di quanto affermato, ormai da tempo e in diverse occasioni, dalla CEI, cercando di integrare nella pienezza dei loro diritti coloro che condividono i medesimi doveri e valori.
Preoccupazione è stata poi ribadita rispetto a un’altra emergenza che continua a interpellare la società e le comunità ecclesiali: la situazione delle carceri. A tal proposito, è stato ricordato quanto proposto in occasione del Giubileo, ovvero di assumere «iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell’osservanza delle leggi» (Spes non confundit, 10). Da qui il rinnovato invito a adottare misure alternative e provvedimenti di clemenza, oltre a un cambiamento di politica che promuova la dignità dell’uomo, favorendo nei luoghi di reclusione educazione e riscatto.

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